Esiste un effetto potenziativo quando si compiono imprese.
Tutto è possibile, ma non basta volerlo.
Diventare atleti è ciò che serve.
Le imprese sportive ci rendono forti.
Nel corpo, sicuramente.
Ma anche nella mente.
Saldi nello spirito.
Passare attraverso la fatica non è sempre necessario, ma è funzionale.
Il tipo di fatica cui aspiro è quella all’aria aperta, in movimento.
Anche il lavoro, la gestione della casa, la famiglia, gli impegni quotidiani possono essere considerati una forma di fatica.
Quella a cui mi riferisco è però diversa: è fatta di movimento, attività programmata, sudore, frequenza cardiaca elevata per un’ora o più.
La mia è rimasta alta per 7 ore ininterrotte domenica 15 giugno, alla granfondo di ciclismo più dura d’Italia, e per alcuni d’Europa: la Sportful Dolomiti Race.
200 km, oltre 5000 metri di dislivello.
Sono finito anche in un articolo di giornale dedicato alla gara per gli ottimi tempi dei ciclisti romagnoli.
Sono partito dalle retrovie, in terza griglia, con più di mille corridori davanti a me.
Ho chiuso sessantottesimo su più di 4000 partenti, a una media di 29 km/h, in circa 7 ore.
Una tale impresa mi ha riempito di gioia, e ha aumentato ancora di più la fiducia nei miei mezzi.
Durante le varie salite, mille dubbi, domande, paure.
A un tale ritmo riuscirò a concludere? Avrò un calo fisiologico? Crampi?
E poi i rischi: viaggiare ad alta velocità in gruppo, specie in partenza e in discesa, è sempre molto pericoloso.
Ma anche quel pizzico di adrenalina mi ha dato sicurezza: nella guidabilità del mezzo, nella capacità di destreggiarmi tra un corridore e l’altro.
La gara è un gioco: compiere imprese sportive
Compiere imprese sportive, che siano o meno competizioni agonistiche, è un ottimo modo per sperimentare la vita.
Fatica. Gioco. Confronto.
Nonostante nelle lettere precedenti abbia sostenuto l’idea di non competere del tutto, il mio pensiero si è un po’ evoluto.
Competere non è sempre un male: lo facciamo per migliorare noi stessi.
E per migliorare, servono termini di confronto. È lì che avviene la trasformazione.
Anche chi si allena ogni giorno, è rigoroso, metodico, segue tutte le indicazioni su nutrizione, integrazione, biohacking e programma di allenamento…potrebbe non aver ancora sbloccato la sua versione migliore.
Provo a spiegarmi meglio.
Quella che hai appena letto è una riflessione personale.
Ognuno è giusto che trovi il proprio approccio allo sport e alla vita.
Era dal 2018 che non partecipavo a una gara vera. Non sentivo l’ebbrezza dell’agonismo, della battaglia, della fatica autentica.
Negli eventi come randonnée, ritrovi o sfide personali la fatica c’è, ma l’intensità è a propria gestione.
Quando invece attacchi un numero sulla schiena, o davanti se sei un runner, e c’è una classifica, allora tutti vogliono competere. Dare il massimo.
Ho criticato molto la società della performance, il burnout da troppo allenamento, lavoro, ossessione del risultato.
E continuo a farlo, seguendo il pensiero di Chul Han in La società della stanchezza, ma anche quello di Ichiro Kishimi e Fumitake Koga in Il coraggio di non piacere, ispirato alla psicologia Adleriana:
“Non soffriamo per lo shock delle nostre esperienze, ma per il significato che attribuiamo loro.”
“Il significato è autodeterminante.”
È l’interpretazione degli eventi che fa la differenza.
Nel mio caso, ho interpretato la gara estrema come una prova.
Di sopravvivenza. Di gestione mentale e nutrizionale. Di forza e resistenza.
Come un atleta a 360°, un guerriero, un saggio, un viandante.
Mi piace considerarmi così, con tante sfaccettature, mai riducibile a un’etichetta:
nutrizionista, ciclista, biohacker, imprenditore, scrittore, filosofo, creatore di contenuti, sperimentatore, scienziato...
Ogni circostanza è un gioco. Anche una gara.
Un gioco a volte pericoloso, come quando superi oltre mille corridori, passi sui marciapiedi, sfrutti ogni angolo per raggiungere il primo gruppo.
Mi sono divertito. Lo rifarei.
Ho acquisito ancora più fiducia nelle mie capacità: forza, potenza, ma anche tattica.
Stavo sempre sul ciglio della strada, sul margine.
Nel gruppo compatto, troppo serrato, mi sentivo più in pericolo e non riuscivo ad avanzare.
Immaginate una mandria di bufali, l’uno accanto all’altro, a sgomitare per prendere posizione.
C’è chi rischia troppo, e così facendo mette a repentaglio gli altri.
Nel triathlon era simile, solo che lì tutto accade in acqua. Se arrivi tardi alla prima boa, puoi restare incastrato tra le bracciate.
Ecco perché, se considero queste occasioni un gioco, allora tutto cambia. Tutto è più leggero.
Vedo atleti arrabbiarsi durante la gara, imprecare, lamentarsi della borraccia, del salto di catena, del mancato cambio.
E soprattutto, del non aver reso quanto sperato.
La filosofia dell’atleta sperimentatore
Lo spirito del gamer, quello vero, è diverso:
se perdi, hai sempre un’altra partita da giocare. E così all’infinito.
Nello sport e nella vita vale lo stesso: ogni giorno è nuovo. Un’avventura. Una nuova impresa.
A differenza dei videogiochi, qui la realtà è vera.
Io preferisco viverla in prima persona. Essere il giocatore della mia vita.
Sbloccare io stesso i prossimi livelli, col miglioramento.
Nel gioco, senza miglioramento, si resta bloccati. A volte si cambia gioco per frustrazione.
Quando ero bambino, senza tutorial, l’unico modo per avanzare era migliorare.
O confrontarsi con altri.
Oggi, con il multiplayer, ti confronti con migliaia di giocatori, e scopri dove sei davvero.
Così anche nello sport: chi si allena da solo, ogni giorno, può pensare di essere un fenomeno.
Finché non partecipa a una gara vera, e scopre il potenziale altrui.
Il punto è come interpreti quel confronto.
Molti lo temono. Nascondono i propri punti deboli. Vogliono sembrare più forti.
Ma che atteggiamento sciocco!
Quanto devo a chi è più bravo di me! Nello sport, nel lavoro, nelle relazioni, nella vita.
Mi circondo volontariamente di persone migliori di me.
Mi rendo conto che vengo evitato come compagno d’allenamento per “paura di faticare troppo”.
Io invece cerco chi mi fa faticare sul serio.
Ho imparato a non prendere nulla sul personale.
Nessun orgoglio. Nessuna pretesa. Nessuna rivalsa.
Non devo dimostrare niente a nessuno.
Perché?
Perché a nessuno importa davvero.
Tranne che a uno: noi stessi.
Samuele Valentini
L’unico tempo concesso dalla natura è dentro il nostro corpo e mente.
Perché mai temere il confronto?
In quest’ottica, performance, risultato, paragone possono avere un impatto positivo.
Se vissuti come gioco. Sfida. Prova. Evoluzione.
Sulla via del miglioramento.
Perché insisto tanto su nutrizione, integrazione, biohacking, allenamento?
Perché sono mezzi per salire di livello.
E ogni livello sbloccato, è felicità.
Non tanto per il traguardo, ma durante il gioco e il viaggio.
Alla Sportful, la granfondo più dura d’Italia, ho imparato molto.
Non solo sulla gestione dell’idratazione, dei sali, carboidrati, gel, barrette, e sul timing.
Abbraccio la filosofia dello sperimentatore.
Il medico di sé stesso. Il superatleta.
Aspirare a diventare atleti, poi superatleti, è un’arte.
Modella ogni pensiero, azione, obiettivo.
Anche solo allenarsi con costanza e gareggiare lo richiede.
Ho risentito quella adrenalina che non provavo da sette anni.
E crea dipendenza.
Non serve partecipare a una gara ogni domenica.
Da questa competizione ho compreso l’importanza di 4 aspetti, se vuoi migliorare come atleta:
- Non temere il confronto.
- Calendarizza una o più gare/eventi: aumenterà la motivazione.
- Vivi la competizione come un gioco: con spirito goliardico, ma dando il massimo.
Rischiare va bene, fa parte del gioco, ma sempre con buon senso e una certa prudenza. - Nessuna delusione o vittoria: non conta vincere o ritirarsi, ma mettersi in gioco con tutto sé stessi.
Regola d’oro:
Per divertirsi, bisogna avere passione.

E soprattutto arrivare preparati.
Non solo la settimana prima. Ma mesi prima.
E non solo a livello nutrizionale.
Io ho fatto un ciclo di training ipossico, dieci sedute ravvicinate per simulare l’alta quota e soffrire meno la bassa pressione dell’ossigeno.
Ho utilizzato anche altre tecniche di biohacking. Continua a seguire i contenuti per scoprirle.
Sportful Dolomiti Race: 200 km e 5000 D+
Ecco come ho gestito la nutrizione prima e durante la gara.
Per gli appassionati di nutrizione sportiva e performance, condivido la mia strategia alimentare per affrontare 200 km e oltre 5000 metri di dislivello positivo alla la Sportful Dolomiti Race.
Qui il giro caricato su Strava.
Prima di entrare nei dettagli tecnici, segnalo che è già sul canale Yotube il video della gran fondo, con riprese fatte durante tutte le fasi della gara: partenza, salite, rifornimenti, momenti critici e arrivo.
È bello, adrenalinico, ma soprattutto formativo, che è quello che mi interessa di più.
Buona visione!
Carbo loading nei giorni prima
Due giorni prima:
→ 700 g di carboidrati netti
→ circa 10 g/kg di peso corporeo
Giorno prima:
→ oltre 800 g di carboidrati
→ circa 12 g/kg di peso corporeo
Questa quota l’ho raggiunta con cibi naturali e semplici:
- riso bianco
- patate
- pane a lievito madre
- frutta fresca di stagione
- miele
- pasta
Ai pasti principali: 250 g di riso o pasta (da crudo), sempre accompagnati da una fonte proteica e un po’ di verdura.
A colazione: 100 g di porridge di riso bianco (80 g CHO/100 g prodotto), meglio dell’avena, che ha più fibre e ossalati, quindi meno digeribile in queste fasi.
Spuntini a base di frutta (banane soprattutto) e carboidrati liquidi in borraccia durante gli allenamenti: 60 g CHO per ora, in rapporto 2:1 maltodestrina:fruttosio.
Colazione pre-gara
Anche qui, 100 g di porridge di riso bianco + fette biscottate con marmellata che avevo a disposizione nell’alloggio.
Per evitare un picco glicemico troppo netto ho aggiunto 30 g di proteine di manzo idrolizzate della Carnivore Company, direttamente sopra al porridge.
Minimal ma efficace.
Integrazione pre-gara
Ho utilizzato la seguente integrazione:
- Arginina AKG (1 g), Citrullina Malato (1 g), Succo di rapa rossa (1 g), Ginkgo biloba (120 mg), Niacina (10 mg) in unico pre (Nitrokic)
- Colostro da mucche al pascolo 5 g
- Proteine del manzo grass-fed 30 g
- Collagene bovino 20 g i giorni precedenti allo sforzo
- Citrullina Malato 4 g
- Magnesio Bisglicinato 3 g prima di coricarmi
- Ciclo di testicoli di toro per 3 mesi a 8 cp/dì
Durante la gara
L’obiettivo era 90 g di carboidrati netti l’ora, tra:
- borracce con carboidrati liquidi (maltodestrine, ciclodestrine, fruttosio)
- barrette energetiche
- gel di varia tipologia specifici
Tutti modulati nel rapporto 2:1 tra glucosio e fruttosio.
Avevo portato un mix homemade di maltodestrine e fruttosio puri, già dosati a 90 g per borraccia, con l’aggiunta di un pizzico di sale.
La soglia di assorbimento teorica è:
- 60 g/h glucosio (SGLT1)
- 30 g/h fruttosio (GLUT5)
Oltre, si rischia di non assorbirli o di sovraccaricare il fegato. Tale soglia tuttavia è allenabile e prolungabile anche fino a 100-120 g cho/ora.
La realtà in gara è stata un po’ diversa.
La realtà della gara
Non sono riuscito ad alimentarmi nella prima ora, dovendo mantenere alta l’attenzione e avanzare di posizione in gruppo.
→ Ho preso il primo gel prima della prima salita, lunga 17 km tra vari falsipiani (Forcelle Franche)
→ Poi barretta in cima e carboidrati liquidi in discesa (sorsi tra le curve).
→ Altro gel a fine discesa, in vista della salita successiva.
Questo schema si è ripetuto per sei lunghe salite, senza tanti tratti pianeggianti per rifiatare.
Avevo anche borracce con sali minerali, da alternare: potassio in primis, per prevenire l’ipokaliemia (spesso legata ai crampi).
Nel complesso:
– Mai crisi di fame o sete
– Nessun problema gastrointestinale
– Solo un accenno di crampi nell’ultima salita (più dovuti allo sforzo estremo che a errori di gestione)
Ho chiuso la gara a 29 km/h di media e 67 ass., in 7 ore. In pratica: a tutta, dall’inizio alla fine.
L’unico vero limite è l’uso di prodotti industriali durante la gara. Conoscete i grandi marchi pubblicizzati.
Funzionali, sì. Ma spesso pieni di:
- conservanti
- dolcificanti
- aromi artificiali
- acidificanti
Considerando che vengono usati anche in allenamento, ci si espone in maniera cronica a queste sostanze.
L’idea è trovare alternative naturali ma adatte alla performance.
È da qui che nasce un progetto a cui sto lavorando per una linea di integrazione sportiva naturale ma sempre specifica e funzionale, pensata per la massima performance.
A chi interessa può rispondermi a questa mail, verrà ricontattato in futuro per essere i primi utilizzatori di un’integrazione mai vista prima, direttamente da madre natura.
Programma imprese.
Diventa un atleta.
E poi un superatleta.
Partecipa al gioco sportivo.
Ne uscirai rinnovato nello spirito.