Prima di leggere

Accedi a un livello di conoscenza superiore con il Dott. Valentini. Scopri le ultime notizie scientifiche dalla tua mail

Rimani aggiornato su nutrizione, biohacking, integrazione e performance mentre leggi gli articoli della newsletter ufficiale (migliorerai nello sport e in salute)

Cinque lezioni chiave per affrontare le lunghe distanze

Cosa serve davvero per affrontare al meglio lunghe distanze negli sport di endurance?

Prima di tutto: una forte mentalità e una predisposizione allo sforzo prolungato.

So bene che può sembrare scontato scriverlo, ma senza questa attitudine – e senza buone pratiche nella gestione della fatica fisica e mentale – è inutile passare a dettagli più tecnici.

È cruciale, ovviamente, sapersi alimentare e integrare con un certo rigore prima, durante e dopo la prestazione.
Soprattutto durante l’esecuzione del gesto atletico.

Tuttavia, più di ogni altra cosa, dobbiamo imparare a dosare l’intensità dello sforzo.
È questo fa davvero la differenza, per raggiungere il nostro obiettivo più importante: arrivare al traguardo, portare la pelle a casa, essere contenti di quanto fatto, alzare le braccia al cielo, urlare, sprizzare di gioia.

Possiamo anche assumere 120 g CHO all’ora, bere carboidrati in borraccia, assumere gel e barrette, sali minerali, acqua, fare tutto in modo impeccabile dal punto di vista nutrizionale…

Ma se avremo esagerato con il ritmo, superando troppo spesso le nostre capacità attuali, prima o poi il conto arriverà.

Perché insisto su questo punto?
Perché l’ho provato in prima persona.

Chi fa divulgazione – scientifica e non – e vuole trasmettere certi valori, deve essere egli stesso in prima persona un vero sperimentatore.

Sono un nutrizionista specializzato nello sport, sì.
Ma sono anche un atleta che si mette in gioco, che testa, capisce cosa funziona e cosa è inutile direttamente sul campo.

Chi dispensa consigli e raccomandazioni senza essere il primo esempio… semplicemente non dovrebbe farlo.

Perché tra teoria e pratica c’è un abisso.
E ancora di più nel mondo della salute, performance e biohacking.

La mia esperienza personale: cosa avrei voluto sapere prima

La gestione dello sforzo è un allenamento intelligente.
L’ho capito ancora meglio durante l’ultima randonnée di ciclismo, che ho portato a termine domenica 1 giugno 2025.

Per chi non conoscesse questo format: si tratta di eventi simili all’ultracycling.
Lunghe distanze, tanto dislivello.
Quella a cui ho partecipato prevedeva 180 km e 4200 m D+.

Ero partito per riconfermare il titolo dell’anno scorso, miglior tempo assoluto (qui il video).
Ma quest’anno al via c’erano molti più iscritti, e diversi scalatori di livello, corridori che chiudono nella top ten delle gran fondo.

Ho imparato molto, non solo sul piano nutrizionale, ma anche in ottica del programma super atleta e medico di se stesso.

Abbiamo imposto subito un ritmo alto nelle prime 4–5 salite, prima ancora di affrontare mostri sacri come Petrano, Nerone e Catria, tre salite lunghe e dure dell’Appennino.

Scollino tra i primi tre sul monte Petrano, dopo aver chiuso i suoi 10 km in 39 minuti – un ritmo importante per il mio livello e per il dislivello già accumulato.

In discesa guadagno terreno, ma vengo ripreso ai piedi del Nerone, dove parte un nuovo forcing ancora più aggressivo.

Il Nerone è una salita da 13 km al 7,6% medio, con quasi 1000 m di dislivello.
Lascio andare i primi due e resto con un terzo atleta che sale bene.
Decido di rallentare un po’, per riuscire a chiudere tutta la gara.

Ma a 700 m dalla vetta, crampi ai quadricipiti. Ho chiesto troppo.

Svalico da quinto, mi idrato, mangio una banana, sciolgo ciclodestrine in borraccia, faccio stretching. Riparto.

Affronto le due salite successive con davvero un ottimo ritmo.
Mi sorprende la rapidità con cui mi sono ripreso, perché poco prima ero in dubbio persino se finire la gara: ero solo a metà percorso.

Scalo anche l’ultima, il Catria – 9 km esposti al sole torrido – mantenendo la quinta posizione, senza più crampi importanti se non un accenno proprio nel km finale.

Cosa ho imparato? Cinque lezioni chiave nelle lunghe distanze

1. Gestire lo sforzo è un’arte.
Si può sviluppare con esperienza, consapevolezza e pratica quotidiana in allenamento.
All’inizio tutti partono forte. Il rischio è di “bruciarsi”, avere crisi, o ritirarsi.
È giusto provare a dare più del solito, ma non bisogna superare troppe volte il limite: il conto arriva.
Allenando questa abilità, scopriamo di riuscire in cose che non pensavamo possibili. Ma attenzione: la fiducia in sé va anch’essa dosata. E’ comunque molto peggio non averla.

2. La nutrizione non è tutto.
Ero perfetto: gel ai piedi di ogni salita, barrette sulle cime, idratazione ogni 15 minuti.
Ma ho esagerato con l’intensità: salite prolungate oltre soglia anaerobica.
Se mantieni troppo a lungo valori superiori a 4 mmol/L di lattato, il corpo si acidifica, cala l’efficienza muscolare… e arrivano i crampi.

3. I carboidrati vanno bilanciati con gli elettroliti.
Assumevo circa 90 g CHO/h:

Gel da 40 g prima delle salite, Barretta da 30 g. Borraccia da 90 g CHO (maltodestrine + fruttosio in rapporto 2:1).
Ma non bastava: ho sfiorato i 600 g CHO totali in 7 ore.
Tanto glucosio richiama potassio intracellulare, per effetto dei trasportatori (GLUT4) e del metabolismo.
Risultato: ipotonia muscolare, crampi, fatica improvvisa.
Un eccesso di zuccheri senza elettroliti può peggiorare disidratazione intracellulare, alterare osmolarità, mandare in tilt la pompa Na⁺/K⁺.

In pratica quando il glucosio entra nella cellula, viene fosforilato e metabolizzato, modificando l’equilibrio osmotico.

Per mantenere l’equilibrio elettrico e osmotico, la cellula attiva la pompa Na⁺/K⁺ ATPasi, che fa entrare due ioni potassio ed espelle tre ioni sodio.

Se l’esercizio è molto lungo, come nel caso di un evento di ultraciclismo, o se la sudorazione è intensa, la perdita di potassio avviene soprattutto a livello extracellulare, attraverso il sudore e la filtrazione renale.

L’ingresso di glucosio può indurre un maggiore assorbimento di potassio nella cellula, riducendo i livelli plasmatici: scende il potassio ematico (ipokaliemia).

Questo è il motivo per cui l’ipokaliemia può comparire dopo un carico di carboidrati CHO, come può essere un’integrazione elevata di carboidrati all’ora con gel, barrette, e ciclo/maltodestrine.

Quindi se la quantità di potassio introdotta non compensa quella “risucchiata” dentro la cellula, per mantenere l’osmolarità, può comparire ipotonia muscolare, crampi o affaticamento precoce.

Ecco perchè l’assunzione di grandi quantità di CHO concentrati e iperosmolari (gel, barrette) senza abbastanza liquidi ed elettroliti, può accentuare la disidratazione intracellulare e alterare l’equilibrio tra Na⁺, K⁺ e Mg²⁺.

Se assumi CHO senza elettroliti, il glucosio entra, ma gli enzimi del metabolismo ossidativo richiedono tutti i cofattori (Mg, K, B1…) ! Quindi nella pratica non si è più efficienti nella produzione energetica.
Morale:

  • Integra sempre potassio, sodio e magnesio (elettroliti)
  • Attenzione a gel e polveri che non contengono sali minerali
  • Glucosio sì, ma servono anche i cofattori metabolici (Mg, K, B1…)

Un’idea di integrazione naturale: la frutta crioessiccata

Un’ottima soluzione futura che potrebbe risolvere questo problema è utilizzare direttamente frutta crioessiccata in polvere. In pratica la frutta dolce fresca viene essiccata a fredda (liofilizzata), preservando le qualità nutrizionali, tra cui non solo glucosio e fruttosio presenti naturalmente, ma anche potassio, magnesio e gli altri sali biodisponibili.

La polvere a questo punto dovrebbe essere utilizzata in borraccia, apportando carboidrati e sali, evitando il problema del troppo massiccio ingresso di glucosio non accompagnato da elettroliti, come invece in natura avverrebbe.

In effetti i prodotti delle aziende sportive sono industriali, alcuni contengono anche diversi conservanti, dolcificanti, coloranti, e soprattutto non sono mai presenti elettroliti, ma solo zuccheri, e al massimo sodio.

La polvere di frutta crioessiccata potrebbe essere addizionata con malto/ciclodestrine da mais, per arrivare alla giusta quota di carboidrati durante lo sforzo, e raggiungere a piacimento i 30, o 60 o 90 g a seconda della quantità utilizzata, e soprattutto per un giusto rapporto glucosio-fruttosio, per esempio 2:1.

Infatti il rapporto glucosio-fruttosio nella frutta è 1:1, come nel saccarosio, ma più di 30 g di fruttosio all’ora può portare a nausea e problemi intestinali. Ecco perché si dovrebbe addizionare un po’ di ciclo o maltodestrina, per far si che il glucosio diventi il doppio del fruttosio, o nel rapporto 1:0,8 se l’intensità è più elevata e lo sforzo più breve. Il glucosio invece ha una saturazione a 60 g all’ora, per tanto in questo modo si può arrivare anche a 90 g in borraccia.

Sarebbe un approccio molto più naturale, e aiuterebbe davvero a introdurre elettroliti chiave nella performance direttamente da madre natura, cioè dalla frutta, senza usare destrosio, fruttosio, isomaltulosio etc di origine sintetica.

Se ti piace questa ipotesi di integrazione naturale, siccome ancora non esiste, fammi sapere anche solo rispondendo a questa lettera con un semplice “mi interessa”.

Raccolgo sempre i vostri feedback, e chissà mai che un giorno useremo proprio qualcuna di queste proposte di nutrizione o integrazione sportiva.

La crioessiccazione è la stessa procedura che viene utilizzata per l’integrazione degli organi in capsula della Carnivore Company, dal Multi Organs, ai testicoli di toro, al fegato grass-fed: un metodo naturale per riappropriarsi di veri super foods, ma che oggi abbiamo smesso di consumare.

4. Il corpo ha capacità sorprendenti.
Dopo i crampi ero pronto a fermarmi.
Poi ho gestito bene il recupero, sono ripartito e ho chiuso tutte le salite successive.
Segnale chiaro: non sottovalutare mai le capacità del nostro corpo di rigenerarsi e adattarsi.
Vale nello sport, e nella vita.

5. Lo sport è scuola di vita.
Ogni sforzo che affrontiamo, ogni fatica, forma il carattere.
Costruisce autostima, fiducia nei propri mezzi.
Sudare è un atto vitale: detossifica, stimola endorfine e adrenalina.
Senza movimento non esisterei.

Nelle ultime due settimane ho avuto più lavoro e mi sono concentrato su questa randonne, così ho sospeso momentaneamente la newsletter.

Da oggi si riprende con il ritmo consueto.

E ora testa al prossimo obiettivo: la Sportful Dolomiti Race, 200 km per 5000 m D+.
Competizione vera e propria, gran fondo, voglio provare a superare il muro dei 4000 m e vedere fin dove posso arrivare.

Provo a documentare l’impresa con video dedicato sul canale Youtube.

Dott. Samuele VALENTINI